Giochi di parole
E ci hanno perquisito
assai, prima
di facci entrà nella
camera dei sogni;
che c’entra, si fa
per dire, che la camera è
quella degli
onorevoli signori deputati.
E’ qui che mi so
mezzo commosso, per le
parole belle,
l’atteggiamenti degni, ch’era lo
splendore
d’animo, a ravvivà l’aria che si
respirava. Tutta quella luce che solo Iddio sa dare.
Nei versi, la narrazione d’un pudore delicato,
quasi amaro, sul quale s’è appuntata la vittoria,
lastricata e
travagliata da una vita assai sofferta.
E non è ipocrisia ma
luce, l’Italia di Trieste,
quella che
capisce, quella che ragiona sui
capestri
irrazionali, disutili cialtronerie
sociali.
M’era preso un’
interesse vivo, che a momenti
mi scordavo che il
tempo scorre dentro
l’orologio e figge il
momento, solo dentro
la memoria, che poi ricorda e si rallegra.
E’ stato un attimo e
una voce Pasqualina,
ricordava che al
mondo c’è sempre chi
sta peggio, chi
soffre nel dolore e non è
che Dio non ch’ha
cuore, ma esige amore.
Così, a volte, poveri figli di questo mondo,
prova la nostra
umanità, la nostra capacità
d’amore, per amare i sofferenti, gli ammalati.
Poi è stato il turno
di ritirà la targa mia e forse non
l’ho nemmeno meritata, ma la felicità d’avè
contribuito,
a regalà un raggio di sole, a
un’amico mio.
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