giovedì 8 dicembre 2011





Giochi di parole

E ci hanno perquisito assai,  prima
di facci entrà nella camera dei sogni;
che c’entra, si fa per dire, che la camera è
quella degli onorevoli signori deputati.
E’ qui che mi so mezzo commosso,  per le
parole belle, l’atteggiamenti degni, ch’era lo
splendore d’animo,  a ravvivà l’aria che si
respirava.  Tutta quella luce che solo Iddio sa dare.
Nei versi,  la narrazione d’un pudore delicato,
quasi amaro,  sul quale s’è appuntata la vittoria,
lastricata e travagliata da una vita assai sofferta.
E non è ipocrisia ma luce,  l’Italia di Trieste,
quella che capisce,  quella che ragiona sui
capestri irrazionali,  disutili cialtronerie sociali.
M’era preso un’ interesse vivo,  che a momenti
mi scordavo che il tempo scorre dentro
l’orologio e figge il momento,  solo dentro
la memoria,  che poi ricorda e si rallegra.
E’ stato un attimo e una voce Pasqualina,
ricordava che al mondo c’è sempre chi
sta peggio, chi soffre nel dolore e non è
che Dio non ch’ha cuore,  ma esige amore.
Così, a volte,  poveri figli di questo mondo,
prova la nostra umanità,  la nostra capacità
d’amore,  per amare i sofferenti, gli ammalati.
Poi è stato il turno di ritirà la targa mia e forse non
 l’ho nemmeno meritata, ma la felicità d’avè
 contribuito,  a regalà un raggio di sole,  a un’amico mio.






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