In
Italia
Gli zingari
in Italia, come nel resto del mondo, rappresentano una comunità eterogenea,
dalle mille sfumature e dalle mille espressioni. Mille sono anche gli anni della
storia degli zingari divisi essenzialmente in tre gruppi principali: Rom, Sinti
e Kalé (gitani della penisola iberica). A questi gruppi principali si
ricollegano tanti gruppi e sottogruppi, affini e diversificati, ognuno con
proprie peculiarità. Essi hanno un'origine comune, L'india del nord e una lingua
comune, il romanès o romani ©hib diviso in svariati dialetti. L'opinione
pubblica, che dei Rom e Sinti conosce poco o niente, tende a massificare e a
confondere i diversi gruppi zingari, soprattutto tende a condannare e ad
emarginare senza capire. La popolazione zingara in Italia rappresenta lo 0,16%
circa dell'intera popolazione nazionale essendo stimati in un numero di persone
compreso fra le 80.000 e le 110.000 unita. Sono presenti solo Sinti e Rom con i
loro sottogruppi. I Sinti sono soprattutto insediati nel nord dell'Italia e i
Rom nell'Italia centro-meridionale. Essi rappresentano gli zingari di antico
insediamento a cui hanno aggiunti vari gruppi zingari di recente e di
recentissima immigrazione. Circa 1'80% degli zingari che vivono nel nostro Paese
hanno la cittadinanza italiana, il 20% circa e rappresentato da zingari
extracomunitari, soprattutto provenienti dai territori della ex-Jugoslavia.
Circa il 75% e di religione cattolica, il 20% di religione musulmana e il 5%
raggruppa: ortodossi, testimoni di Geova e pentecostali.
L'arrivo in Italia
L'origine
indiana degli zingari si è scoperta nel XVIII secolo attraverso lo studio della
lingua zingara. Con lo studio filologico si è potuto ricostruire ipoteticamente
l'itinerario seguito dagli zingari nel loro lungo cammino in quanto essi
prendevano a prestito parole dai popoli con cui venivano a contatto. Dall'India
del nord sono arrivati in Europa attraverso la Persia, l'Armenia e l'Impero
Bizantino. Dai Balcani si sono diramati in tutta Europa, arrivando anche in
Russia e, con le deportazioni, nelle Americhe e in Australia. Sono molti gli
studiosi che credono che i Rom abruzzesi, fra i primi gruppi zingari arrivati in
Italia, siano arrivati attraverso l'Adriatico provenienti dalle coste albanesi e
greche, probabilmente per sfuggire alla repressione dei turchi ottomani. A
sostegno di tale tesi si e fatto riferimento all'assenza nella parlata dei Rom
abruzzesi di termini tedeschi e slavi. Ma si può obiettare: i turchi ottomani
conquistarono tutta la Grecia e l'attuale Albania fra il 1451 e il 1520 (L.
Piasere), mentre i Rom in Italia arrivarono molto tempo prima (il primo
documento che attesta l'arrivo degli zingari e del 1422 ma ci sono molti indizi
che inducono a credere che i Rom arrivarono ancora prima); i Rom abruzzesi hanno
nella loro parlata sia termini tedeschi come tiÒ, glàse, brèg (ted. tiÒch =
tavolo, glas = bicchiere, berg = montagna), sia termini serbo croati come plaxtà
= lenzuola (s.c. phahta), niÒte = nulla (s. c. nista), a Òtar = catturare,
afferrare (s.c. staviti), nikt (nikkete) = nessuno (s.c. nikto), a pukav. = fare
la spia, denunciare (s.c. bukati), po (pro) = per (s.c. po); inoltre, perché i
Rom con le loro carovane avrebbero dovuto viaggiare per via mare, via a loro
scomoda, inusuale e all'epoca minacciata dai turchi, se per secoli avevano
dimostrato di spostarsi con sicurezza e rapidità per via terra? Tutto ciò induce
a credere che il grosso dei Rom abruzzesi sia arrivato in Italia dal nord per
via terra, proveniente, dall'Albania o dalla Grecia, attraversando la
ex-Jugoslavia e territori di lingua tedesca. Non è da escludere che
effettivamente piccoli nuclei siano arrivati in Italia attraverso l'Adriatico
assieme ad altre minoranze come Serbo -Croati e Albanesi. Tutto è comunque
ancora da provare. Da questa piccola introduzione si può ben comprendere come
sia difficile ricostruire la storia dei Rom sia perché i documenti a
disposizione sono pochi ed incompleti sia perché i Rom non hanno lasciato
nessuna testimonianza scritta. La storia dei Rom é una storia che non nasce
dall'interno della sua comunità proprio perché essi rappresentano un popolo
senza scrittura che affida alla "memoria" e alla tradizione orale il compito di
trasmettere la propria storia e la propria cultura. La storia dei Rom è fatta
dai Caggé (non zingari) attraverso le osservazioni di quanti ai Rom si sono in
qualche modo interessati per la curiosità e la meraviglia che suscitavano o
attraverso le disposizioni delle autorità pubbliche. Così dalla lettura delle
Cronache del XV secolo si possono ricostruire sommariamente gli itinerari
seguiti dagli zingari in Europa. Il primo documento che segnala l'arrivo degli
zingari in Italia è quello del 18 luglio 1422, un'anonima cronaca bolognese
contenuta nella Rerum Italicarum Scriptores di Ludovico Antonio Muratori: "A di
18 luglio 1422 venne in Bologna un duca d'Egitto, il quale aveva nome Andrea, e
venne con donne, putti e uomini del suo paese, e potevano essere ben cento
persone...... " Dalle "grida" e dai bandi che dal 1500 si sono susseguiti fino
al 1700 si possono dedurre le politiche attuate dalle autorità nei confronti
degli zingari: politiche di espulsione, di reclusione, di repressione, di
deportazione, ovvero politiche votate al più completo rifiuto. (Attualmente
siamo nella fase della politica di assimilazione).
I Rom
abruzzesi
I Rom
abruzzesi, con cittadinanza italiana, rappresentano dunque uno dei primissimi
gruppi zingari arrivati in Italia e grazie alla lunga permanenza sono
relativamente più inseriti nel contesto sociale ed economico della società
maggioritaria rispetto ad altri gruppi di recente immigrazione. In passato le
attività principalmente esercitate erano quelle che lasciavano spazio all'essere
e alla creatività e quelle che facilitavano i rapporti umani. Da qui l'attività
di musicisti, di fabbri calderari, di commercianti di cavalli, di lavoratori di
metalli. Il progresso tecnologico, il boom economico, lo sviluppo delle attività
industriali hanno soppiantato le attività tradizionali e la maggioranza dei Rom
ha dovuto operare una riconversione economica, ma il modo di porsi di fronte
alla vita e di interiorizzarla e soprattutto la struttura sociale dei Rom e
rimasta nei secoli pressoché immutata. L'istituzione fondamentale su cui si
regge la società romanes e la famiglia, intesa nel senso più ampio, come gruppo
cioè che si riconosce nella discendenza da un antenato comune. Da sempre oggetto
di violenza i Rom hanno rafforzato i rapporti endogamici e i vincoli di
solidarietà familiare, mantenendo invece verso l'esterno un atteggiamento
ostile. Vi è in questo un profondo senso di sfiducia e un'intima esigenza di
difesa. Il sistema sociale e vissuto nelle profonde componenti umane, basato
essenzialmente sul severo rispetto delle norme etico-morali che regolano e
disciplinano la comunità romanes per garantire ai singoli individui la piena
integrazione. Essi tutelano la dignità e l'onore del Rom. Non esistono classi o
gerarchie sociali se si esclude quella semplicistica di ricchi e poveri,
cosicché anche il più ricco e in relazione con il più povero e viceversa in base
ad un principio di eguaglianza che riflette una ottica di vita di tipo
orizzontale. In questo contesto il Rom abruzzese si sente parte di una totalità
singolare che lo porta a differenziarsi sia dai caggé (non zingari) sia dagli
altri gruppi zingari (Rom stranieri, Sinti, Kalé). ciò si traduce in un proprio
stile di vita con modi proprio di esprimersi e di comportarsi. Alcune norme sono
vincolanti, ad esempio: alle romniá abruzzesi non e assolutamente consentito
dall'etica romanès di fumare, di indossare pantaloni, di truccarsi, di indossare
costumi da bagno al mare, di giocare d'azzardo. Le donne che vogliono avere una
buona reputazione ed intendono essere rispettate dai Rom si adeguano al rispetto
di tali norme morali, che non le confonde con gli altri. Un Rom si sente
perfettamente sicuro in seno alla sua comunità, costituita dall'insieme di tanti
singoli gruppi parentelari dove non esistono né regine né tantomeno re come
invece tende a far credere il sensazionalismo giornalistico che copre con la
fantasia e l'immaginazione le proprie carenze informative. In mondo romano vien
perciò presentato o in termini mitologici o in termini criminalizzanti, l'una e
l'altra forma sono delle distorsioni che alterano il mondo zingaro producendo
stereotipi negativi e pregiudizi di cui i Rom restano vittime. La sicurezza del
Rom deriva dalla tradizione che lo pone sicuro di fronte al futuro e dalla
coesione, che lo pone sicuro davanti all'imprevedibile. Tutto ciò si traduce in
un forte equilibrio psicologico. Le relazioni ben strette fra educazione,
coesione ed equilibrio psicologico sono minacciate con i contatti conflittuali
esterni. Si pensi ad un bambino Rom che frequenta la scuola pubblica: entrare a
contatto con una realtà che presenta dei modelli di vita funzionale alla società
maggioritaria a cui e difficile per lui adattarsi, gli provoca inevitabilmente
uno smarrimento in quanto è costretto ad operare una difficile scelta che nella
maggior parte dei casi lo induce a ripercorrere la strada degli affetti
familiari; da adulto mostrerà un atteggiamento ostile verso quella società non
ancora preparata ad accoglierlo se non attraverso l'assimilazione. Lo stesso
dicasi dei matrimoni misti in cui l'individuo esterno viene a rappresentare un
elemento di disturbo se non riesce ad integrarsi. Il cardine della struttura
sociale dei Rom e la famiglia patriarcale, dove il vecchio, considerato saggio,
ne é rappresentante riconosciuto. Ci sono Rom che vengono esclusi per le loro
pessime qualità morali, sono considerati "gavalé" e sono derisi e scherniti. I
frequenti contatti all'interno del mondo romano hanno da sempre attivato una
fitta rete di comunicazione interna che porta i Rom ad essere a1 corrente di ciò
che accade a famiglie zingare anche molto distanti. I mass media rappresentano
oggi, assieme alle organizzazioni tentacolari pseudo-zingare, la più grande
minaccia all'esistenza dei Rom poiché infondono modelli di vita che allontanano
i giovani dalla tradizione facendo allargare le maglie delle relazioni sociali e
familiari, creando anche nuovi gusti e nuove esigenze che alterano l'etica
romanès e che infondono nei Rom l'arrivismo e la necessità di possedere a tutti
i costi il superfluo. Da qui le attività illecite. I Rom non preparati alla
maniera dei caggé, cadono nel tranello. Cerchiamo ora di capire e di conoscere
alcuni aspetti fondamentali della cultura e della vita dei Rom abruzzesi: la
lingua, il sistema giuridico, la festa (fidanzamento e matrimonio), la
morte.
La
lingua
La lingua dei
Rom abruzzesi detta "romanès" o "romaní ©hib" è strettamente imparentata con le
lingue neo-indiane e conserva ancora fedelmente un gran numero di vocaboli di
origine indiana. La lingua romani è arricchita di imprestiti persiani, armeni,
greci, serbo-croati, di alcuni vocaboli tedeschi e di elementi dialettali
dell'Italia centromeridionale a testimonianza dell'itinerario seguito dai Rom
nel lungo cammino iniziato dal nord-ovest dell'India verso occidente. Nonostante
dieci secoli di travaglio e di continue repressioni subite dai Paesi ospitanti,
senza disporre di una tradizione scritta e soggetta alle influenze linguistiche
esterne, la lingua dei Rom abruzzesi si e straordinariamente conservata seppur
notevolmente indebolita. È chiaro che a chi si limita ad una fredda e circoncisa
traduzione letterale della lingua romaní, essa può apparire "povera", in realtà
non lo e per chi la vive quotidianamente, per chi cioé ha affidato a questo
idioma il compito di trasmettere i propri pensieri, le proprie volontà, i propri
sentimenti. Ogni parola può avere svariate interpretazioni e significati a
secondo del contesto in cui è inserita e dell'emozione che la sorregge. La
lingua romani è essenzialmente pratica ma estremamente dinamica. È proprio
questo dinamismo, che dimostra la sua grande vitalità e duttilità, ha
allontanato il romanes abruzzese dagli altri dialetti zingari, con non poche
difficoltà di comprensione, facendolo diventare un dialetto a se, fermo restando
le parole basi in comune. Il romanès abruzzese ha quasi completamente perso la
declinazione nominale che invece caratterizza tanti altri dialetti zingari
soprattutto dell'Europa dell'Est e dell'area balcanica. A livello morfologico
pur subendo un processo di semplificazione conserva un suffisso "-eme" (con e
finale semimuta) che deriva dal suffisso greco "-mos" acquisito a sua volta
durante il soggiorno nell'lmpero Bizantino al posto di quello indiano "-pen".
Esso serve a creare sostantivi invariabili; e il caso di: Bu©eme, invece di
bu©imos; ròdeme invece di rodimòs; dukheme invece di dukhmos (gioco / giochi;
perquisizione/i; dolore/i). Normalmente si sarebbe portati a dire: Bucipé,
rodipé, dukhipé. Proprio nell'Impero Bizantino sono avvenuti grandi cambiamenti
fonetici con mutazione delle antiche parole indiane. Negli Abruzzi (Abruzzo e
Molise) il romanes ha subito ulteriori cambiamenti fonetici adeguandosi sempre
più ai dialetti locali da cui attinge anche le parole perdute. I suffissi di
origine indiana -pen e -ben sono cambiati con -ipé, -ibbé, -bbé. Molte parole
piane sono diventate tronche. A dispetto di questi cambiamenti, la lingua dei
Rom abruzzesi conserva elementi arcaici come per esempio: tarnó (giovane) deriva
dall'Hindi taruna, in altri dialetti troviamo ternó con una mutazione della a in
e. Altri arcaismi sono rappresentati dalle parole: bale (mille), sinjòme (sono),
sinjàne (sei), sinjème (siamo), sinjène (siete), ovvero la prima e la seconda
persona singolare e plurale dell'indicativo presente del verbo essere. La lingua
romanes è il vero specchio della storia e della cultura di questo straordinario
popolo millenario, la sua diramazione sottolinea la diversità che caratterizza
il mondo romano e la libertà con cui i Rom si appropriano delle parole delle
altre lingue e le trasformano, le ricreano e le adattano. La maniera tutta
romanès di attualizzarsi e di vivere in sintonia col proprio ambiente. La festa:
fidanzamento e matrimonio Tra le feste tipicamente romanès troviamo in Abruzzo o
bu©vibbé la serenata, ovvero la proposta di fidanzamento. Esso rappresenta uno
dei mezzi consentiti per avvicinare una famiglia non consanguinea e a cui non si
é legati da rapporti di amicizia. Attraverso la serenata o ©havó tarnó (il
ragazzo celibe) chiede ufficialmente la mano di una ©hà tarní (ragazza nubile).
La serenata zingara, la cui origine si perde nella notte dei tempi e che
probabilmente è stato acquisito dai Rom nell'ambiente napoletano ma perpetuato
fino ai nostri giorni, viene eseguita da un gruppo musicale assoldato per
l'occasione, sotto l'abitazione della prescelta, senza alcun accordo fra le
parti, se non un preavviso dato dagli ambasciatori a qualche parente dei
genitori della ragazza. Tre brani musicali sono destinati alla prescelta e due
ai parenti più stretti, specialmente a quelli che possono esprimere un parere
favorevole o che possono esercitare una influenza positiva sui genitori. Dopo
aver suonato alla prescelta si va in giro per i parenti, poi si torna di nuovo
alla prescelta e per evitare qualsiasi fraintendimento di persona si pronuncia a
gran voce il nome dell'interessata. La festa si protrae per tutta la notte,
all'aperto, con la partecipazione di amici e parenti del giovane pretendente. Al
mattino di buonora i genitori del ragazzo preparano un banchetto in un locale
riservato per l'occasione e con dolci, biscotti, pasticcini, caffé preparano
l'accoglienza alla giovane prescelta e ai suoi parenti. Gli ambasciatori intanto
si recano a portare gli onori dovuti ai genitori della prescelta. Il loro
compito é particolarmente delicato e perciò si scelgono persone particolarrnente
adatte e soprattutto influenti, appartenenti a famiglie estranee e non legati da
nessun rapporto comparatico, ne con una famiglia ne con l'altra. Il padre della
ragazza, dopo l'annuncio delle pretese del giovane, riunisce la famiglia in
consiglio per vagliare la proposta, si consulta anche con la figlia e quindi si
reca con i propri familiari al banchetto, per esprimere il suo parere. Se il
parere è negativo il padre dichiara "Non ho figlie da maritare", oppure "Mia
figlia non desidera maritarsi". Se, al contrario, il parere è positivo, viene
chiamata anche la figlia e presentata al pretendente, con cui scambia l'anello
di fidanzamento. Il fidanzamento (ngustiasibbé) viene così festeggiato con una
festa calorosissima, con molta musica e molte libagioni. Gli ambasciatori
diventano quasi sempre "Khirivé di ngustlì" compari d'anello. Dopo il periodo di
fidanzamento, in cui gli sposi approfondiscono la conoscenza, si fissa la data
del matrimonio (xlosevibbé o prandilipé). Se durante il fidanzamento sorgono dei
contrasti fra i due gruppi familiari o fra gli stessi fidanzati o se, più
semplicemente, il padre della ragazza decide di rompere il fidanzamento, egli e
obbligato a rimborsare alla famiglia del fidanzato tutte le spese sostenute:
musicisti, anelli, vestiario, banchetto, viaggi etc. Proprio per mettersi al
sicuro da questi imprevisti e consentire alla ragazza di trovare agevolmente un
altro fidanzato, i promessi sposi non sono mai lasciati soli. La purezza fisica
della ragazza è un elemento fondamentale e un valore assoluto nella cultura
zingara. Le spese del fidanzamento sono a carico dei genitori dello sposo,
quelle del matrimonio sono a carico dei genitori della sposa, salvo accordi
contrari. Nel passato molto spesso si verificavano 'le fughe d'amore" proprio
per evitare le grandi spese del fidanzamento e del matrimonio poiché non tutti
potevano permettersele. Il matrimonio romanès oggi si svolge seguendo i canoni
della cultura maggioritaria, in chiesa, seguendo il rito cattolico a cui i Rom
sono allineati più per convenzione che per sincera devozione, essendo la loro
religione soprattutto esistenziale. Il matrimonio fra i Rom abruzzesi e una
grandissima festa, quasi sempre gli sposi vengono accompagnati da una
scintillante carrozza trainata da più pariglie di cavalli. La festa nuziale, tra
lauti banchetti e abbondanti libagioni, costituisce un momento particolare di
incontro fra gruppi familiari diversi ed occasione ghiotta per sviluppare nuove
relazioni sentimentali. Ogni invitato vuol ben figurare e mette in mostra il
proprio status sociale e fa volentieri mostra di benessere e di agiatezza con
ori, automobili, vestiti ed altri oggetti preziosi. La festa, comunque e sempre
dominata da un profondo calore umano e da una trascinante vivacità, con tanta
musica e con tanti buoni bicchieri di vino. Oggi sono molto frequenti i
matrimoni misti che un tempo erano molto rari.
I
kriss: il tribunale civile zingaro
I kriss e un
vero e proprio tribunale civile zingaro, esso è costituito da persone anziane
Rom phuré a cui le parti contendenti si rivolgono per risolvere problemi di
natura morale, matrimoniale, economica, civile. I Rom che vengono scelti a
costituire il tribunale sono detti Rom di Kriss o Rom pativalé e sono persone
scelte per le loro particolari doti umane e morali, per la loro reputazione, per
il loro prestigio, per la loro saggezza. Un Rom é tanto più rispettabile
(pativaló) quanto più si dimostra pubblicamente degno ed intelligente durante
una kriss. I kriss e anche il sistema giuridico zingaro attraverso il quale si
tende a preservare i patìve (l'onore di ogni singolo individuo all'interno della
comunità zingara. La sentenza espressa dai Rom pativalé (uomini d'onore e
inappellabile e di immediata attuazione. In tempi passati, quando i Rom vivevano
lontano dalle città perché barbaramente repressi, se la colpa era
particolarmente grave la punizione poteva consistere nell'allontanamento dal
gruppo. Si restava così completamente soli lontano dal gruppo e dalla società
maggioritaria inospitale. Nelle famiglie in cui scende la considerazione della
kriss subentra la vendetta come sistema giuridico.
O
merribbé
La morte (o
merribbé) è un evento sentito profondamente dai Rom. Nel dolore per la morte di
un congiunto si riuniscono i membri della famiglia in un sincero spirito di
solidarietà. Un Rom moribondo non viene lasciato mai solo, fino all'ultimo
respiro. Amici e parenti si avvicendano al capezzale con affetto e rispetto,
anche quando si tratta del più disadattato dei Rom. Quasi sempre il feretro è
portato da una carrozza mentre il corteo funebre è accompagnato da una banda
musicale e da una folla commossa, i Rom per l'occasione arrivano anche da molto
lontano. I Rom più vicini alla famiglia in lutto portano il consolo, ovvero il
pranzo del conforto, con grande abbondanza di cibo perché, dopo la veglia
funebre tutti possano ristorarsi. Dalla tavola però sono banditi i latticini, la
carne, le uova di cui i Rom in lutto (kalipé) si privano per lungo tempo; si
consumano invece il pesce, i farinacei e le verdure. Il periodo di "kalipé"
varia a secondo del grado di parentela e il grado di amicizia con il defunto, di
solito dai sei mesi ai tre anni. In segno di lutto é obbligatorio vestire gli
abiti neri e privarsi di ogni divertimento. Non si partecipa perciò a feste, a
cerimonie, a banchetti. non si ascoltano programmi radiofonici o televisivi e
non si entra in locali pubblici come bar, discoteche, ristoranti, osterie etc.
Gli uomini non si tagliano la barba che lasciano crescere incolta per varie
settimane. Nel periodo di lutto, soprattutto le donne evitano di uscire di casa
e limitano i contatti sociali ai soli familiari. I Rom abruzzesi hanno un vero e
proprio culto per i propri morti che chiamano "muluré" con un diminutivo che ha
un valore profondamente affettivo. L'offesa più grande che un Rom possa dare o
ricevere e l'insulto dei morti.
L'arte
dei suoni nella cultura zingara
La musica, il
canto, la danza sono elementi artistici che permettono di rappresentare i
sentimenti più profondi dell'essere umano stabilendo chiavi di comunicazioni che
superano il campo della razionalità. In tutte le culture, in tutti i popoli, la
musica forma parte sostanziale della propria storia esistenziale e in ogni
canto, danza o interpretazione si possono rintracciare un'infinità di esperienze
passate, di sentimenti di ogni tipo e messaggi che sgorgano dalla parte più
profonda dell'essere. Se l'Europa è un mosaico culturale e anche un mosaico
musicale e ogni popolo è custode di ritmi e stili che sono andati rinnovandosi
attraverso i secoli grazie alle influenze orientali, africane, americane etc...
A questo ricco mosaico culturale europeo, che cambia di colore e forma in ogni
momento, gli zingari storicamente hanno dato il loro apporto con colori e forme
distintive e al tempo stesso armonici che vanno dal Jazz Manouche francese fino
al Flamenco spagnolo passando per interpretazioni di corte, popolari e
classiche. Il modo inconfondibile di far musica da parte degli zingari con i
propri ritmi, le proprie forme, le proprie interpretazioni si è sviluppato in
maniera diversa secondo la regione e i condizionamenti storici e sociali dei
paesi che li hanno ospitati. La miniera di formule, ritmi, armonie, melodie che
gli zingari hanno prodotto sono stati abilmente sfruttati da celebri compositori
come: Listz, Brahms, Schubert, De Falla, Granados, Turina, Ravel, Debussy,
Dvorak e tantissimi altri. Soprattutto nel periodo romantico c'e stata una
grande valorizzazione della cultura e della musica degli zingari, ma ai Rom non
e mai stato riconosciuto questo merito. I Rom da sempre svincolati dai parametri
di vita dei caggé (non zingari) vivono la musica come espressione profonda della
propria esistenza, spessissimo e un mezzo di decontrazione psicologica, di
liberazione" dalle repressioni che la società circostante "sorda" ed inospitale,
inevitabilmente provoca ai Rom, ma altrettanto spesso è un mezzo di
"comunicazione" e di trasmissione di valori non solo culturali ma anche etici.
Questo Litsz lo capì perfettamente e non a caso scrisse nel suo libro "Degli
zingari e della loro musica in Ungheria": ...l'arte è un linguaggio sublime, un
canto mistico, ma chiaro agli iniziati, e viene usato per esprimere quello che
vogliono senza lasciarsi influenzare da nulla che sia estraneo ai loro desideri.
Hanno inventato la loro musica e l'hanno inventata per loro stessi, per
parlarsi, per cantare fra loro, per mantenersi uniti e hanno inventato i più
commoventi monologhi". Per capire la musica zingara, quindi, occorre viverla
alla maniera zingara, significa capire lo spirito zingaresco e come esso si sia
evoluto. Parlare della musica zingara significa parlare essenzialmente della
cultura Rom in termini tangibili. La sua evoluzione segue parallelamente
l'evolversi delle vicende storico-sociali di un popolo errante, disperso e
oppresso nel mondo, che straordinariamente e gelosamente ha custodito i suoi
tratti essenziali nel tempo e nello spazio. La musica zingara riflette per
questo lo stato d'animo profondo di un popolo che ha fatto del dolore della
precarietà gli emblemi del proprio virtuosismo artistico. Essa è figlia di un
lungo travaglio fisico, morale e psicologico e non può non avere tratti
elegiaci, dissonanti, graffianti, melanconici, ribelli ma allo stesso tempo una
musica viva, briosa, piena di ritmo incalzante, piena di vita. Un popolo, quello
zingaro, caratterizzato dal suo destino, dal suo fatalismo atroce, da quel suo
girovagare per alleviare il "dolore del vivere", da quel ricominciare sempre
daccapo. L'interpretazione zingara è di tipo creativo ed è il risultato di un
complesso di conoscenze personali maturate durante il corso della vita ed è
caratterizzata da una improvvisazione estemporanea. La ricchezza ritmica, gli
abbellimenti, i melismi e gli ornamenti del testo o delle esecuzioni strumentali
sono tipici tratti ereditati dall'antica scuola orientale e tramandati fino ai
nostri giorni di padre in figlio. Dall'interpretazione zingara escono fuori
messaggi commoventi e lamentevoli allo stesso tempo, carezzevoli e furiosi ma
sempre pieni di speranza, d'amore, di fratellanza. Esce fuori quell'intima forza
che i Rom hanno e che è il segreto della loro lunga esistenza in un mondo
avverso. L'interpretazione zingara è una figura convenzionale dai molteplici
aspetti che si legano fra loro, si caratterizzano, si trasformano, si
tramandano. Da questa immaginazione estetica si delineano le linee principali
della pratica interpretativa zingara: il superamento di ogni rigidezza ritmica e
metrica (il famoso "rubato") per mimesi del fluire naturale, le idee melodiche
principali sorrette da un costante lirismo effusivo dovuto alle esperienze di
viaggio e della vita all'aperto con il pieno contatto con la natura; il "forte"
temperamento zingaro alla base di ogni punto nodale verso cui tendono le linee
discorsive; la realizzazione dei propri sentimenti e delle proprie esperienze
rivelate nel carattere di un episodio attraverso la disposizione libera e
soggettiva delle più piccole sfumature dinamiche, delle agogiche e dei fraseggi.
Lo spirito zingaresco interviene sugli elementi musicali utilizzati, qualsiasi
essi siano, utilizzandoli in maniera "caratteristica". La costante esigenza
degli zingari di "appoggiarsi" ad elementi musicali nuovi ed estranei nasconde
l'intimo bisogno di non morire, di rivitalizzarsi attraverso l'interscambio
degli elementi assorbiti dall'ambiente circostante. Ma nella musica zingara e
riflessa tanta loro filosofia di vita; per esempio: il nomadismo, il continuo
girovagare, l'instabilità della dimora non sono forse rappresentate musicalmente
con le "variazioni?". Trovare il modo di guadagnarsi da vivere per se e per i
figli non è forse "improvvisare" da un punto di vista musicale? E l'esigenza di
spezzare la secolare catena di emarginazione che attanaglia i Rom non è forse
rappresentata dalla vivacità e dalla ricchezza delle trovate ritmiche?
L'importanza di tale bisogno di esprimersi è di gran lunga maggiore del supporto
al quale si chiede sono di potersi adeguare, non è importante cosa si suona, ma
come si suona. Da quest'ottica si può ben comprendere l'importanza della musica
per gli zingari che, come la lingua, non hanno mai affidato alla tradizione
scritta il compito di tramandare la propria arte; solo di recente si è
cominciata a scriverla, di certo però i Rom hanno bisogno della musica come i
pesci dell'acqua.
I rapporti
fra i Rom e la società circostante sono sempre stati difficili con punte di
conflittualità a volte esasperate. È certo che all'assimilazione forzata i Rom
hanno risposto con l'autoemarginazione e la clandestinità. Il problema della
corretta integrazione in termini di inserimento e non di assimilazione delle
comunità minoritarie in seno a quella egemone e maggioritaria è sempre stato di
difficile soluzione. Fondamentalmente il problema Rom va inquadrato nei limiti
della giusta conoscenza e della corretta informazione. Nonostante sei secoli di
convivenza i caggé (non zingari) cosa conoscono realmente della cultura Rom?
Sicuramente poco, per non dir nulla. Il mondo romano è filtrato solo attraverso
gli stereotipi negativi con distorsioni dannosissime, di cui i Rom spessissimo
restano vittime. Del resto le fonti informative non aiutano a far chiarezza e
quindi della storia, dei costumi, delle tradizioni, dell'arte e della lingua di
questo popolo planetario l'opinione pubblica conosce poco. Troppo spesso
semplici fatti sociali vengono presi come modelli culturali e l'errore di un
singolo porta alla condanna di un popolo intero. Senza considerare l'enorme
confusione che si fa tra i vari gruppi zingari. Occorre ora chiedersi: quante
possibilità ha un Rom di mettersi in evidenza positivamente nei confronti
dell'opinione pubblica? La stessa scuola che dovrebbe favorire un giusto
inserimento sociale, quante lacerazioni provoca ad un bambino Rom? Cosa fanno le
istituzioni pubbliche per il recupero di un ingente patrimonio umano e
culturale? Rispetto a questi quesiti la società opulenta, civile e democratica
annaspa, preferisce ignorare o camuffare gli eventi o nei migliori dei casi
approcciarsi al problema episodicamente e quando proprio non se ne può fare a
meno. In ogni caso si cercano sempre soluzioni temporanee con
procedimenti-tampone. I Rom pur di non perdere la propria cultura, la propria
esistenza, che è poi la libertà di ognuno di noi, hanno preferito escludersi da
una società "sorda" ed opprimente che lascia poco spazio all'essere dando invece
fin troppi incentivi all'avere, all'arrivismo, al protagonismo esasperato, alle
gerarchie, alle differenziazioni sociali. Restare ancorati ai propri valori ed
essere rimasti se stessi nonostante la miseria e le brutali repressioni del
mondo circostante ha mostrato tutto l'orgoglio e la volontà di questo popolo
indomabile. Sono i valori del supremo coraggio, del puro eroismo, della libertà
assoluta!
Da "Il
mondo Rom", sito curato da Santino Spinelli
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