giovedì 28 febbraio 2013

Il mondo dei Rom di santino Spinelli


In Italia
Gli zingari in Italia, come nel resto del mondo, rappresentano una comunità eterogenea, dalle mille sfumature e dalle mille espressioni. Mille sono anche gli anni della storia degli zingari divisi essenzialmente in tre gruppi principali: Rom, Sinti e Kalé (gitani della penisola iberica). A questi gruppi principali si ricollegano tanti gruppi e sottogruppi, affini e diversificati, ognuno con proprie peculiarità. Essi hanno un'origine comune, L'india del nord e una lingua comune, il romanès o romani ©hib diviso in svariati dialetti. L'opinione pubblica, che dei Rom e Sinti conosce poco o niente, tende a massificare e a confondere i diversi gruppi zingari, soprattutto tende a condannare e ad emarginare senza capire. La popolazione zingara in Italia rappresenta lo 0,16% circa dell'intera popolazione nazionale essendo stimati in un numero di persone compreso fra le 80.000 e le 110.000 unita. Sono presenti solo Sinti e Rom con i loro sottogruppi. I Sinti sono soprattutto insediati nel nord dell'Italia e i Rom nell'Italia centro-meridionale. Essi rappresentano gli zingari di antico insediamento a cui hanno aggiunti vari gruppi zingari di recente e di recentissima immigrazione. Circa 1'80% degli zingari che vivono nel nostro Paese hanno la cittadinanza italiana, il 20% circa e rappresentato da zingari extracomunitari, soprattutto provenienti dai territori della ex-Jugoslavia. Circa il 75% e di religione cattolica, il 20% di religione musulmana e il 5% raggruppa: ortodossi, testimoni di Geova e pentecostali.
L'arrivo in Italia
L'origine indiana degli zingari si è scoperta nel XVIII secolo attraverso lo studio della lingua zingara. Con lo studio filologico si è potuto ricostruire ipoteticamente l'itinerario seguito dagli zingari nel loro lungo cammino in quanto essi prendevano a prestito parole dai popoli con cui venivano a contatto. Dall'India del nord sono arrivati in Europa attraverso la Persia, l'Armenia e l'Impero Bizantino. Dai Balcani si sono diramati in tutta Europa, arrivando anche in Russia e, con le deportazioni, nelle Americhe e in Australia. Sono molti gli studiosi che credono che i Rom abruzzesi, fra i primi gruppi zingari arrivati in Italia, siano arrivati attraverso l'Adriatico provenienti dalle coste albanesi e greche, probabilmente per sfuggire alla repressione dei turchi ottomani. A sostegno di tale tesi si e fatto riferimento all'assenza nella parlata dei Rom abruzzesi di termini tedeschi e slavi. Ma si può obiettare: i turchi ottomani conquistarono tutta la Grecia e l'attuale Albania fra il 1451 e il 1520 (L. Piasere), mentre i Rom in Italia arrivarono molto tempo prima (il primo documento che attesta l'arrivo degli zingari e del 1422 ma ci sono molti indizi che inducono a credere che i Rom arrivarono ancora prima); i Rom abruzzesi hanno nella loro parlata sia termini tedeschi come tiÒ, glàse, brèg (ted. tiÒch = tavolo, glas = bicchiere, berg = montagna), sia termini serbo croati come plaxtà = lenzuola (s.c. phahta), niÒte = nulla (s. c. nista), a Òtar = catturare, afferrare (s.c. staviti), nikt (nikkete) = nessuno (s.c. nikto), a pukav. = fare la spia, denunciare (s.c. bukati), po (pro) = per (s.c. po); inoltre, perché i Rom con le loro carovane avrebbero dovuto viaggiare per via mare, via a loro scomoda, inusuale e all'epoca minacciata dai turchi, se per secoli avevano dimostrato di spostarsi con sicurezza e rapidità per via terra? Tutto ciò induce a credere che il grosso dei Rom abruzzesi sia arrivato in Italia dal nord per via terra, proveniente, dall'Albania o dalla Grecia, attraversando la ex-Jugoslavia e territori di lingua tedesca. Non è da escludere che effettivamente piccoli nuclei siano arrivati in Italia attraverso l'Adriatico assieme ad altre minoranze come Serbo -Croati e Albanesi. Tutto è comunque ancora da provare. Da questa piccola introduzione si può ben comprendere come sia difficile ricostruire la storia dei Rom sia perché i documenti a disposizione sono pochi ed incompleti sia perché i Rom non hanno lasciato nessuna testimonianza scritta. La storia dei Rom é una storia che non nasce dall'interno della sua comunità proprio perché essi rappresentano un popolo senza scrittura che affida alla "memoria" e alla tradizione orale il compito di trasmettere la propria storia e la propria cultura. La storia dei Rom è fatta dai Caggé (non zingari) attraverso le osservazioni di quanti ai Rom si sono in qualche modo interessati per la curiosità e la meraviglia che suscitavano o attraverso le disposizioni delle autorità pubbliche. Così dalla lettura delle Cronache del XV secolo si possono ricostruire sommariamente gli itinerari seguiti dagli zingari in Europa. Il primo documento che segnala l'arrivo degli zingari in Italia è quello del 18 luglio 1422, un'anonima cronaca bolognese contenuta nella Rerum Italicarum Scriptores di Ludovico Antonio Muratori: "A di 18 luglio 1422 venne in Bologna un duca d'Egitto, il quale aveva nome Andrea, e venne con donne, putti e uomini del suo paese, e potevano essere ben cento persone...... " Dalle "grida" e dai bandi che dal 1500 si sono susseguiti fino al 1700 si possono dedurre le politiche attuate dalle autorità nei confronti degli zingari: politiche di espulsione, di reclusione, di repressione, di deportazione, ovvero politiche votate al più completo rifiuto. (Attualmente siamo nella fase della politica di assimilazione).
I Rom abruzzesi
I Rom abruzzesi, con cittadinanza italiana, rappresentano dunque uno dei primissimi gruppi zingari arrivati in Italia e grazie alla lunga permanenza sono relativamente più inseriti nel contesto sociale ed economico della società maggioritaria rispetto ad altri gruppi di recente immigrazione. In passato le attività principalmente esercitate erano quelle che lasciavano spazio all'essere e alla creatività e quelle che facilitavano i rapporti umani. Da qui l'attività di musicisti, di fabbri calderari, di commercianti di cavalli, di lavoratori di metalli. Il progresso tecnologico, il boom economico, lo sviluppo delle attività industriali hanno soppiantato le attività tradizionali e la maggioranza dei Rom ha dovuto operare una riconversione economica, ma il modo di porsi di fronte alla vita e di interiorizzarla e soprattutto la struttura sociale dei Rom e rimasta nei secoli pressoché immutata. L'istituzione fondamentale su cui si regge la società romanes e la famiglia, intesa nel senso più ampio, come gruppo cioè che si riconosce nella discendenza da un antenato comune. Da sempre oggetto di violenza i Rom hanno rafforzato i rapporti endogamici e i vincoli di solidarietà familiare, mantenendo invece verso l'esterno un atteggiamento ostile. Vi è in questo un profondo senso di sfiducia e un'intima esigenza di difesa. Il sistema sociale e vissuto nelle profonde componenti umane, basato essenzialmente sul severo rispetto delle norme etico-morali che regolano e disciplinano la comunità romanes per garantire ai singoli individui la piena integrazione. Essi tutelano la dignità e l'onore del Rom. Non esistono classi o gerarchie sociali se si esclude quella semplicistica di ricchi e poveri, cosicché anche il più ricco e in relazione con il più povero e viceversa in base ad un principio di eguaglianza che riflette una ottica di vita di tipo orizzontale. In questo contesto il Rom abruzzese si sente parte di una totalità singolare che lo porta a differenziarsi sia dai caggé (non zingari) sia dagli altri gruppi zingari (Rom stranieri, Sinti, Kalé). ciò si traduce in un proprio stile di vita con modi proprio di esprimersi e di comportarsi. Alcune norme sono vincolanti, ad esempio: alle romniá abruzzesi non e assolutamente consentito dall'etica romanès di fumare, di indossare pantaloni, di truccarsi, di indossare costumi da bagno al mare, di giocare d'azzardo. Le donne che vogliono avere una buona reputazione ed intendono essere rispettate dai Rom si adeguano al rispetto di tali norme morali, che non le confonde con gli altri. Un Rom si sente perfettamente sicuro in seno alla sua comunità, costituita dall'insieme di tanti singoli gruppi parentelari dove non esistono né regine né tantomeno re come invece tende a far credere il sensazionalismo giornalistico che copre con la fantasia e l'immaginazione le proprie carenze informative. In mondo romano vien perciò presentato o in termini mitologici o in termini criminalizzanti, l'una e l'altra forma sono delle distorsioni che alterano il mondo zingaro producendo stereotipi negativi e pregiudizi di cui i Rom restano vittime. La sicurezza del Rom deriva dalla tradizione che lo pone sicuro di fronte al futuro e dalla coesione, che lo pone sicuro davanti all'imprevedibile. Tutto ciò si traduce in un forte equilibrio psicologico. Le relazioni ben strette fra educazione, coesione ed equilibrio psicologico sono minacciate con i contatti conflittuali esterni. Si pensi ad un bambino Rom che frequenta la scuola pubblica: entrare a contatto con una realtà che presenta dei modelli di vita funzionale alla società maggioritaria a cui e difficile per lui adattarsi, gli provoca inevitabilmente uno smarrimento in quanto è costretto ad operare una difficile scelta che nella maggior parte dei casi lo induce a ripercorrere la strada degli affetti familiari; da adulto mostrerà un atteggiamento ostile verso quella società non ancora preparata ad accoglierlo se non attraverso l'assimilazione. Lo stesso dicasi dei matrimoni misti in cui l'individuo esterno viene a rappresentare un elemento di disturbo se non riesce ad integrarsi. Il cardine della struttura sociale dei Rom e la famiglia patriarcale, dove il vecchio, considerato saggio, ne é rappresentante riconosciuto. Ci sono Rom che vengono esclusi per le loro pessime qualità morali, sono considerati "gavalé" e sono derisi e scherniti. I frequenti contatti all'interno del mondo romano hanno da sempre attivato una fitta rete di comunicazione interna che porta i Rom ad essere a1 corrente di ciò che accade a famiglie zingare anche molto distanti. I mass media rappresentano oggi, assieme alle organizzazioni tentacolari pseudo-zingare, la più grande minaccia all'esistenza dei Rom poiché infondono modelli di vita che allontanano i giovani dalla tradizione facendo allargare le maglie delle relazioni sociali e familiari, creando anche nuovi gusti e nuove esigenze che alterano l'etica romanès e che infondono nei Rom l'arrivismo e la necessità di possedere a tutti i costi il superfluo. Da qui le attività illecite. I Rom non preparati alla maniera dei caggé, cadono nel tranello. Cerchiamo ora di capire e di conoscere alcuni aspetti fondamentali della cultura e della vita dei Rom abruzzesi: la lingua, il sistema giuridico, la festa (fidanzamento e matrimonio), la morte.
La lingua
La lingua dei Rom abruzzesi detta "romanès" o "romaní ©hib" è strettamente imparentata con le lingue neo-indiane e conserva ancora fedelmente un gran numero di vocaboli di origine indiana. La lingua romani è arricchita di imprestiti persiani, armeni, greci, serbo-croati, di alcuni vocaboli tedeschi e di elementi dialettali dell'Italia centromeridionale a testimonianza dell'itinerario seguito dai Rom nel lungo cammino iniziato dal nord-ovest dell'India verso occidente. Nonostante dieci secoli di travaglio e di continue repressioni subite dai Paesi ospitanti, senza disporre di una tradizione scritta e soggetta alle influenze linguistiche esterne, la lingua dei Rom abruzzesi si e straordinariamente conservata seppur notevolmente indebolita. È chiaro che a chi si limita ad una fredda e circoncisa traduzione letterale della lingua romaní, essa può apparire "povera", in realtà non lo e per chi la vive quotidianamente, per chi cioé ha affidato a questo idioma il compito di trasmettere i propri pensieri, le proprie volontà, i propri sentimenti. Ogni parola può avere svariate interpretazioni e significati a secondo del contesto in cui è inserita e dell'emozione che la sorregge. La lingua romani è essenzialmente pratica ma estremamente dinamica. È proprio questo dinamismo, che dimostra la sua grande vitalità e duttilità, ha allontanato il romanes abruzzese dagli altri dialetti zingari, con non poche difficoltà di comprensione, facendolo diventare un dialetto a se, fermo restando le parole basi in comune. Il romanès abruzzese ha quasi completamente perso la declinazione nominale che invece caratterizza tanti altri dialetti zingari soprattutto dell'Europa dell'Est e dell'area balcanica. A livello morfologico pur subendo un processo di semplificazione conserva un suffisso "-eme" (con e finale semimuta) che deriva dal suffisso greco "-mos" acquisito a sua volta durante il soggiorno nell'lmpero Bizantino al posto di quello indiano "-pen". Esso serve a creare sostantivi invariabili; e il caso di: Bu©eme, invece di bu©imos; ròdeme invece di rodimòs; dukheme invece di dukhmos (gioco / giochi; perquisizione/i; dolore/i). Normalmente si sarebbe portati a dire: Bucipé, rodipé, dukhipé. Proprio nell'Impero Bizantino sono avvenuti grandi cambiamenti fonetici con mutazione delle antiche parole indiane. Negli Abruzzi (Abruzzo e Molise) il romanes ha subito ulteriori cambiamenti fonetici adeguandosi sempre più ai dialetti locali da cui attinge anche le parole perdute. I suffissi di origine indiana -pen e -ben sono cambiati con -ipé, -ibbé, -bbé. Molte parole piane sono diventate tronche. A dispetto di questi cambiamenti, la lingua dei Rom abruzzesi conserva elementi arcaici come per esempio: tarnó (giovane) deriva dall'Hindi taruna, in altri dialetti troviamo ternó con una mutazione della a in e. Altri arcaismi sono rappresentati dalle parole: bale (mille), sinjòme (sono), sinjàne (sei), sinjème (siamo), sinjène (siete), ovvero la prima e la seconda persona singolare e plurale dell'indicativo presente del verbo essere. La lingua romanes è il vero specchio della storia e della cultura di questo straordinario popolo millenario, la sua diramazione sottolinea la diversità che caratterizza il mondo romano e la libertà con cui i Rom si appropriano delle parole delle altre lingue e le trasformano, le ricreano e le adattano. La maniera tutta romanès di attualizzarsi e di vivere in sintonia col proprio ambiente. La festa: fidanzamento e matrimonio Tra le feste tipicamente romanès troviamo in Abruzzo o bu©vibbé la serenata, ovvero la proposta di fidanzamento. Esso rappresenta uno dei mezzi consentiti per avvicinare una famiglia non consanguinea e a cui non si é legati da rapporti di amicizia. Attraverso la serenata o ©havó tarnó (il ragazzo celibe) chiede ufficialmente la mano di una ©hà tarní (ragazza nubile). La serenata zingara, la cui origine si perde nella notte dei tempi e che probabilmente è stato acquisito dai Rom nell'ambiente napoletano ma perpetuato fino ai nostri giorni, viene eseguita da un gruppo musicale assoldato per l'occasione, sotto l'abitazione della prescelta, senza alcun accordo fra le parti, se non un preavviso dato dagli ambasciatori a qualche parente dei genitori della ragazza. Tre brani musicali sono destinati alla prescelta e due ai parenti più stretti, specialmente a quelli che possono esprimere un parere favorevole o che possono esercitare una influenza positiva sui genitori. Dopo aver suonato alla prescelta si va in giro per i parenti, poi si torna di nuovo alla prescelta e per evitare qualsiasi fraintendimento di persona si pronuncia a gran voce il nome dell'interessata. La festa si protrae per tutta la notte, all'aperto, con la partecipazione di amici e parenti del giovane pretendente. Al mattino di buonora i genitori del ragazzo preparano un banchetto in un locale riservato per l'occasione e con dolci, biscotti, pasticcini, caffé preparano l'accoglienza alla giovane prescelta e ai suoi parenti. Gli ambasciatori intanto si recano a portare gli onori dovuti ai genitori della prescelta. Il loro compito é particolarmente delicato e perciò si scelgono persone particolarrnente adatte e soprattutto influenti, appartenenti a famiglie estranee e non legati da nessun rapporto comparatico, ne con una famiglia ne con l'altra. Il padre della ragazza, dopo l'annuncio delle pretese del giovane, riunisce la famiglia in consiglio per vagliare la proposta, si consulta anche con la figlia e quindi si reca con i propri familiari al banchetto, per esprimere il suo parere. Se il parere è negativo il padre dichiara "Non ho figlie da maritare", oppure "Mia figlia non desidera maritarsi". Se, al contrario, il parere è positivo, viene chiamata anche la figlia e presentata al pretendente, con cui scambia l'anello di fidanzamento. Il fidanzamento (ngustiasibbé) viene così festeggiato con una festa calorosissima, con molta musica e molte libagioni. Gli ambasciatori diventano quasi sempre "Khirivé di ngustlì" compari d'anello. Dopo il periodo di fidanzamento, in cui gli sposi approfondiscono la conoscenza, si fissa la data del matrimonio (xlosevibbé o prandilipé). Se durante il fidanzamento sorgono dei contrasti fra i due gruppi familiari o fra gli stessi fidanzati o se, più semplicemente, il padre della ragazza decide di rompere il fidanzamento, egli e obbligato a rimborsare alla famiglia del fidanzato tutte le spese sostenute: musicisti, anelli, vestiario, banchetto, viaggi etc. Proprio per mettersi al sicuro da questi imprevisti e consentire alla ragazza di trovare agevolmente un altro fidanzato, i promessi sposi non sono mai lasciati soli. La purezza fisica della ragazza è un elemento fondamentale e un valore assoluto nella cultura zingara. Le spese del fidanzamento sono a carico dei genitori dello sposo, quelle del matrimonio sono a carico dei genitori della sposa, salvo accordi contrari. Nel passato molto spesso si verificavano 'le fughe d'amore" proprio per evitare le grandi spese del fidanzamento e del matrimonio poiché non tutti potevano permettersele. Il matrimonio romanès oggi si svolge seguendo i canoni della cultura maggioritaria, in chiesa, seguendo il rito cattolico a cui i Rom sono allineati più per convenzione che per sincera devozione, essendo la loro religione soprattutto esistenziale. Il matrimonio fra i Rom abruzzesi e una grandissima festa, quasi sempre gli sposi vengono accompagnati da una scintillante carrozza trainata da più pariglie di cavalli. La festa nuziale, tra lauti banchetti e abbondanti libagioni, costituisce un momento particolare di incontro fra gruppi familiari diversi ed occasione ghiotta per sviluppare nuove relazioni sentimentali. Ogni invitato vuol ben figurare e mette in mostra il proprio status sociale e fa volentieri mostra di benessere e di agiatezza con ori, automobili, vestiti ed altri oggetti preziosi. La festa, comunque e sempre dominata da un profondo calore umano e da una trascinante vivacità, con tanta musica e con tanti buoni bicchieri di vino. Oggi sono molto frequenti i matrimoni misti che un tempo erano molto rari.
I kriss: il tribunale civile zingaro
I kriss e un vero e proprio tribunale civile zingaro, esso è costituito da persone anziane Rom phuré a cui le parti contendenti si rivolgono per risolvere problemi di natura morale, matrimoniale, economica, civile. I Rom che vengono scelti a costituire il tribunale sono detti Rom di Kriss o Rom pativalé e sono persone scelte per le loro particolari doti umane e morali, per la loro reputazione, per il loro prestigio, per la loro saggezza. Un Rom é tanto più rispettabile (pativaló) quanto più si dimostra pubblicamente degno ed intelligente durante una kriss. I kriss e anche il sistema giuridico zingaro attraverso il quale si tende a preservare i patìve (l'onore di ogni singolo individuo all'interno della comunità zingara. La sentenza espressa dai Rom pativalé (uomini d'onore e inappellabile e di immediata attuazione. In tempi passati, quando i Rom vivevano lontano dalle città perché barbaramente repressi, se la colpa era particolarmente grave la punizione poteva consistere nell'allontanamento dal gruppo. Si restava così completamente soli lontano dal gruppo e dalla società maggioritaria inospitale. Nelle famiglie in cui scende la considerazione della kriss subentra la vendetta come sistema giuridico.
O merribbé
La morte (o merribbé) è un evento sentito profondamente dai Rom. Nel dolore per la morte di un congiunto si riuniscono i membri della famiglia in un sincero spirito di solidarietà. Un Rom moribondo non viene lasciato mai solo, fino all'ultimo respiro. Amici e parenti si avvicendano al capezzale con affetto e rispetto, anche quando si tratta del più disadattato dei Rom. Quasi sempre il feretro è portato da una carrozza mentre il corteo funebre è accompagnato da una banda musicale e da una folla commossa, i Rom per l'occasione arrivano anche da molto lontano. I Rom più vicini alla famiglia in lutto portano il consolo, ovvero il pranzo del conforto, con grande abbondanza di cibo perché, dopo la veglia funebre tutti possano ristorarsi. Dalla tavola però sono banditi i latticini, la carne, le uova di cui i Rom in lutto (kalipé) si privano per lungo tempo; si consumano invece il pesce, i farinacei e le verdure. Il periodo di "kalipé" varia a secondo del grado di parentela e il grado di amicizia con il defunto, di solito dai sei mesi ai tre anni. In segno di lutto é obbligatorio vestire gli abiti neri e privarsi di ogni divertimento. Non si partecipa perciò a feste, a cerimonie, a banchetti. non si ascoltano programmi radiofonici o televisivi e non si entra in locali pubblici come bar, discoteche, ristoranti, osterie etc. Gli uomini non si tagliano la barba che lasciano crescere incolta per varie settimane. Nel periodo di lutto, soprattutto le donne evitano di uscire di casa e limitano i contatti sociali ai soli familiari. I Rom abruzzesi hanno un vero e proprio culto per i propri morti che chiamano "muluré" con un diminutivo che ha un valore profondamente affettivo. L'offesa più grande che un Rom possa dare o ricevere e l'insulto dei morti.
L'arte dei suoni nella cultura zingara
La musica, il canto, la danza sono elementi artistici che permettono di rappresentare i sentimenti più profondi dell'essere umano stabilendo chiavi di comunicazioni che superano il campo della razionalità. In tutte le culture, in tutti i popoli, la musica forma parte sostanziale della propria storia esistenziale e in ogni canto, danza o interpretazione si possono rintracciare un'infinità di esperienze passate, di sentimenti di ogni tipo e messaggi che sgorgano dalla parte più profonda dell'essere. Se l'Europa è un mosaico culturale e anche un mosaico musicale e ogni popolo è custode di ritmi e stili che sono andati rinnovandosi attraverso i secoli grazie alle influenze orientali, africane, americane etc... A questo ricco mosaico culturale europeo, che cambia di colore e forma in ogni momento, gli zingari storicamente hanno dato il loro apporto con colori e forme distintive e al tempo stesso armonici che vanno dal Jazz Manouche francese fino al Flamenco spagnolo passando per interpretazioni di corte, popolari e classiche. Il modo inconfondibile di far musica da parte degli zingari con i propri ritmi, le proprie forme, le proprie interpretazioni si è sviluppato in maniera diversa secondo la regione e i condizionamenti storici e sociali dei paesi che li hanno ospitati. La miniera di formule, ritmi, armonie, melodie che gli zingari hanno prodotto sono stati abilmente sfruttati da celebri compositori come: Listz, Brahms, Schubert, De Falla, Granados, Turina, Ravel, Debussy, Dvorak e tantissimi altri. Soprattutto nel periodo romantico c'e stata una grande valorizzazione della cultura e della musica degli zingari, ma ai Rom non e mai stato riconosciuto questo merito. I Rom da sempre svincolati dai parametri di vita dei caggé (non zingari) vivono la musica come espressione profonda della propria esistenza, spessissimo e un mezzo di decontrazione psicologica, di liberazione" dalle repressioni che la società circostante "sorda" ed inospitale, inevitabilmente provoca ai Rom, ma altrettanto spesso è un mezzo di "comunicazione" e di trasmissione di valori non solo culturali ma anche etici. Questo Litsz lo capì perfettamente e non a caso scrisse nel suo libro "Degli zingari e della loro musica in Ungheria": ...l'arte è un linguaggio sublime, un canto mistico, ma chiaro agli iniziati, e viene usato per esprimere quello che vogliono senza lasciarsi influenzare da nulla che sia estraneo ai loro desideri. Hanno inventato la loro musica e l'hanno inventata per loro stessi, per parlarsi, per cantare fra loro, per mantenersi uniti e hanno inventato i più commoventi monologhi". Per capire la musica zingara, quindi, occorre viverla alla maniera zingara, significa capire lo spirito zingaresco e come esso si sia evoluto. Parlare della musica zingara significa parlare essenzialmente della cultura Rom in termini tangibili. La sua evoluzione segue parallelamente l'evolversi delle vicende storico-sociali di un popolo errante, disperso e oppresso nel mondo, che straordinariamente e gelosamente ha custodito i suoi tratti essenziali nel tempo e nello spazio. La musica zingara riflette per questo lo stato d'animo profondo di un popolo che ha fatto del dolore della precarietà gli emblemi del proprio virtuosismo artistico. Essa è figlia di un lungo travaglio fisico, morale e psicologico e non può non avere tratti elegiaci, dissonanti, graffianti, melanconici, ribelli ma allo stesso tempo una musica viva, briosa, piena di ritmo incalzante, piena di vita. Un popolo, quello zingaro, caratterizzato dal suo destino, dal suo fatalismo atroce, da quel suo girovagare per alleviare il "dolore del vivere", da quel ricominciare sempre daccapo. L'interpretazione zingara è di tipo creativo ed è il risultato di un complesso di conoscenze personali maturate durante il corso della vita ed è caratterizzata da una improvvisazione estemporanea. La ricchezza ritmica, gli abbellimenti, i melismi e gli ornamenti del testo o delle esecuzioni strumentali sono tipici tratti ereditati dall'antica scuola orientale e tramandati fino ai nostri giorni di padre in figlio. Dall'interpretazione zingara escono fuori messaggi commoventi e lamentevoli allo stesso tempo, carezzevoli e furiosi ma sempre pieni di speranza, d'amore, di fratellanza. Esce fuori quell'intima forza che i Rom hanno e che è il segreto della loro lunga esistenza in un mondo avverso. L'interpretazione zingara è una figura convenzionale dai molteplici aspetti che si legano fra loro, si caratterizzano, si trasformano, si tramandano. Da questa immaginazione estetica si delineano le linee principali della pratica interpretativa zingara: il superamento di ogni rigidezza ritmica e metrica (il famoso "rubato") per mimesi del fluire naturale, le idee melodiche principali sorrette da un costante lirismo effusivo dovuto alle esperienze di viaggio e della vita all'aperto con il pieno contatto con la natura; il "forte" temperamento zingaro alla base di ogni punto nodale verso cui tendono le linee discorsive; la realizzazione dei propri sentimenti e delle proprie esperienze rivelate nel carattere di un episodio attraverso la disposizione libera e soggettiva delle più piccole sfumature dinamiche, delle agogiche e dei fraseggi. Lo spirito zingaresco interviene sugli elementi musicali utilizzati, qualsiasi essi siano, utilizzandoli in maniera "caratteristica". La costante esigenza degli zingari di "appoggiarsi" ad elementi musicali nuovi ed estranei nasconde l'intimo bisogno di non morire, di rivitalizzarsi attraverso l'interscambio degli elementi assorbiti dall'ambiente circostante. Ma nella musica zingara e riflessa tanta loro filosofia di vita; per esempio: il nomadismo, il continuo girovagare, l'instabilità della dimora non sono forse rappresentate musicalmente con le "variazioni?". Trovare il modo di guadagnarsi da vivere per se e per i figli non è forse "improvvisare" da un punto di vista musicale? E l'esigenza di spezzare la secolare catena di emarginazione che attanaglia i Rom non è forse rappresentata dalla vivacità e dalla ricchezza delle trovate ritmiche? L'importanza di tale bisogno di esprimersi è di gran lunga maggiore del supporto al quale si chiede sono di potersi adeguare, non è importante cosa si suona, ma come si suona. Da quest'ottica si può ben comprendere l'importanza della musica per gli zingari che, come la lingua, non hanno mai affidato alla tradizione scritta il compito di tramandare la propria arte; solo di recente si è cominciata a scriverla, di certo però i Rom hanno bisogno della musica come i pesci dell'acqua.
I rapporti fra i Rom e la società circostante sono sempre stati difficili con punte di conflittualità a volte esasperate. È certo che all'assimilazione forzata i Rom hanno risposto con l'autoemarginazione e la clandestinità. Il problema della corretta integrazione in termini di inserimento e non di assimilazione delle comunità minoritarie in seno a quella egemone e maggioritaria è sempre stato di difficile soluzione. Fondamentalmente il problema Rom va inquadrato nei limiti della giusta conoscenza e della corretta informazione. Nonostante sei secoli di convivenza i caggé (non zingari) cosa conoscono realmente della cultura Rom? Sicuramente poco, per non dir nulla. Il mondo romano è filtrato solo attraverso gli stereotipi negativi con distorsioni dannosissime, di cui i Rom spessissimo restano vittime. Del resto le fonti informative non aiutano a far chiarezza e quindi della storia, dei costumi, delle tradizioni, dell'arte e della lingua di questo popolo planetario l'opinione pubblica conosce poco. Troppo spesso semplici fatti sociali vengono presi come modelli culturali e l'errore di un singolo porta alla condanna di un popolo intero. Senza considerare l'enorme confusione che si fa tra i vari gruppi zingari. Occorre ora chiedersi: quante possibilità ha un Rom di mettersi in evidenza positivamente nei confronti dell'opinione pubblica? La stessa scuola che dovrebbe favorire un giusto inserimento sociale, quante lacerazioni provoca ad un bambino Rom? Cosa fanno le istituzioni pubbliche per il recupero di un ingente patrimonio umano e culturale? Rispetto a questi quesiti la società opulenta, civile e democratica annaspa, preferisce ignorare o camuffare gli eventi o nei migliori dei casi approcciarsi al problema episodicamente e quando proprio non se ne può fare a meno. In ogni caso si cercano sempre soluzioni temporanee con procedimenti-tampone. I Rom pur di non perdere la propria cultura, la propria esistenza, che è poi la libertà di ognuno di noi, hanno preferito escludersi da una società "sorda" ed opprimente che lascia poco spazio all'essere dando invece fin troppi incentivi all'avere, all'arrivismo, al protagonismo esasperato, alle gerarchie, alle differenziazioni sociali. Restare ancorati ai propri valori ed essere rimasti se stessi nonostante la miseria e le brutali repressioni del mondo circostante ha mostrato tutto l'orgoglio e la volontà di questo popolo indomabile. Sono i valori del supremo coraggio, del puro eroismo, della libertà assoluta!
Da "Il mondo Rom", sito curato da Santino Spinelli

Nessun commento:

Posta un commento