Nasce violento il
nuovo giorno;
quasi una freccia
fulmina le
strade bianche e
ancora silenziose
dentro un cerchio di
flebile chiarore
che si muove pigro
lungo i muri
e striscia dietro le
saracinesche
ancora abbassate e
quiete.
E l’aria immota pare
quasi un incubo,
una ferita che ritorna con il ritmo
lento della ruota e
non rimargina il
dolore, rotto solo dal pigro miagolare
d’un gatto, anche lui
sorpreso e
stralunato a cercare
qualcosa fra i
cassonetti
d’immondizia ancora pieni.
Poi scorre il vivere
e il sentire,
ogni istante si
riempe di rumori
e l’aria sembra quasi
affogare tutta
lungo le impronte
delle mie scarpe
fra inquietudini e
riflessi e si propaga
il peso e la
stanchezza si incornicia
fra il selciato e il
marciapiede rotto.
Poi mi mescolo nella
piazza fra volti
inorriditi che si
volgono per non vedere
il tempo scivolare
irreversibile dalle
loro sorti che
diventano cortecce quasi
fosse logoro e
sdegnato dell’essere tutto,
lasciando apparire un
ruga, nel sole che
abbaglia la
tenebra, nella notte che avanza.
Complimenti marco!!! Deliziosa!!
RispondiEliminaUn saluto
Annarita
Grazie
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