Scivoli tra le
profondità del mio
essere vivente tra
musica e respiro
e nello spazio di un
pensiero
incontrollato, esprimi il tuo dolore,
nel cieco dipanarsi
di labirinti
sempre più bui e
solitari, spazi
dedicati alla follia,
al brulicare
di ricordi ormai
lontani, eppure così
presenti, alla
ricerca di un appiglio.
L’affanno quotidiano
si mescola
al pianto di una
paura incontrollata
e mesce nel calice
d’argento
frizzanti bollicine: è champagne,
con il sapore
ghiaccio d’un corpo
sottile, forse
inadeguato al culmine
del tempo, specchio e immagine di
stereotipi sempre più
metropolitani,
imbavagliati di
povertà e ingiustizia.
Ma guardo avanti e si
apre l’aria a
un volo di rondini e
speranza che
discende quei dirupi,
si cala in
precipizi e attira
nel suo religioso
grembo recessi e
labirinti, pelaghi
di densità oscura
dove il verbo è muto
e li bagna nel nido
caldo dell’amore
in cui balena la
futura primavera nel
cuore, nell’anima
d’ognuno di noi.
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