mercoledì 6 marzo 2013

A Giovanni Falcone ( Marco Bruni )


Squillò della sua voce chiara,
vibrò l’essere  fuso  nella trasparenza
dell’aria di maggio l’ultimo suo bacio.
La mattina esplose nell’azzurro di
fuoco e subito fluì veloce la vita dall’iride
al vacuo eterno. Nel medio cielo un guizzo,
un trillo. A quel richiamo s’aprì di colpo il cuore
si e lo patì forse il boato tinto di lutto e d’ansia
repentina, di gioia e spasimo.
Niente lo richiamò al presente o gli ribattè
lo spazio, il tempo, la storia fino a lui
accaduta, tutto con sé lasciò andare.
Allora luce s’illuminò da luce ogni oscurità
abbagliando, fuggì nel lampo l’angelo del
grigio,  dove si perde la memoria
e si disfa il tempo nel mare dell’oblìo.
L’unisono di schianto s’è infranto,
tritato, sminuzzato in labili briciole di minima
  vetriglia. Ciò in cui credevi s’è disciolto.
Ora non c’è più vento,  né bugìa, tutto
è calmo e perfetto. Solo silente dorata
aurea, risplende di sé nell’infinito spazio.
Ascolto il giorno cantare il suo fulgore
dilagante e nella mia mente si susseguono
le immagini e i ricordi dentro l’attimo di gioia.
E il canto si espande fin dentro  la
mente e attraversa il corpo dei vivi,
di uomini e donne intenti nelle loro sorti.
Canta la vita sé stessa e la sua storia
e tu amico mio dall’alto osservi,
senza  parti e senza più dolore.



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