Squillò della sua
voce chiara,
vibrò l’essere fuso nella trasparenza
dell’aria di maggio
l’ultimo suo bacio.
La mattina esplose
nell’azzurro di
fuoco e subito fluì
veloce la vita dall’iride
al vacuo eterno. Nel
medio cielo un guizzo,
un trillo. A quel
richiamo s’aprì di colpo il cuore
si e lo patì forse il
boato tinto di lutto e d’ansia
repentina, di gioia e
spasimo.
Niente lo richiamò al
presente o gli ribattè
lo spazio, il tempo,
la storia fino a lui
accaduta, tutto con
sé lasciò andare.
Allora luce s’illuminò
da luce ogni oscurità
abbagliando, fuggì
nel lampo l’angelo del
grigio, dove si perde la memoria
e si disfa il tempo
nel mare dell’oblìo.
L’unisono di schianto
s’è infranto,
tritato, sminuzzato
in labili briciole di minima
vetriglia.
Ciò in cui credevi s’è disciolto.
Ora non c’è più vento,
né bugìa, tutto
è calmo e perfetto.
Solo silente dorata
aurea, risplende di
sé nell’infinito spazio.
Ascolto il giorno
cantare il suo fulgore
dilagante e nella mia
mente si susseguono
le immagini e i
ricordi dentro l’attimo di gioia.
E il canto si espande
fin dentro la
mente e attraversa il
corpo dei vivi,
di uomini e donne
intenti nelle loro sorti.
Canta la vita sé
stessa e la sua storia
e tu amico mio
dall’alto osservi,
senza parti e senza più dolore.
Nessun commento:
Posta un commento